Lotta all’ondata di resi

E-commerce Lotta all’ondata di resi

Pubblicato il 11.05.2021 da Stephan Lamprecht, giornalista

I resi continuano a essere un grande problema del commercio online. Questo è vero soprattutto per il segmento della moda, in cui la quota di invii di ritorno è particolarmente elevata. In questo contributo vi mostriamo le soluzioni che i commercianti possono adottare per farvi fronte.

L’istituto EHI analizza regolarmente il numero di invii di ritorno nel commercio online. Statisticamente, da anni il numero di rinvii nel segmento della moda è largamente sopra la media. Per i commercianti rappresenta un problema enorme.

Oneri, costi e danni

Il commercio online è perseguitato da uno spettro che ha contribuito a creare e che non accenna ad andarsene. Molti commercianti continuano a offrire resi «gratuiti», ma sono gratuiti solamente per i clienti. È infatti il commerciante ad assumersi i costi del doppio trasporto (spesso evitabile). A volte la possibilità di ordinare articoli solo per provarli fa parte del modello di business, come nel caso di Amazon Wardrobe. Non è quindi sorprendente che i clienti usino intensamente questo servizio e che l’abbiano integrato nelle loro abitudini di acquisto. Alcuni commercianti di moda registrano una percentuale di ritorni del 50%. Ogni punto percentuale in meno contribuirebbe quindi considerevolmente a una maggiore redditività.

Il servizio di reso (concesso volontariamente o semplicemente utilizzato dai clienti) causa infatti oneri enormi e costi elevati. Oltre alle spese doppie per il trasporto, la merce deve essere controllata, eventualmente preparata e poi reintegrata nella gestione della merce. Per non parlare dei costi di cui non siamo a conoscenza in termini di impatto negativo sull’ambiente. Nel peggiore dei casi, la merce restituita non potrà più essere venduta e dovrà essere smaltita.

Ridurre gli invii di ritorno grazie alla tecnologia

Non ci sono statistiche precise sulla percentuale di invii di ritorno dovuti al fatto che i clienti avevano volutamente ordinato i prodotti solo per provarli. Il motivo principale del reso è che il prodotto non soddisfa le aspettative o che la taglia è sbagliata.

Uno strumento che i commercianti di moda hanno a disposizione e che non possono trascurare è quindi quello di ottimizzare continuamente le descrizioni dei prodotti. Possono migliorare la qualità delle fotografie, utilizzare la visualizzazione a 360 gradi, o descrizioni semplici che contengano anche spiegazioni di termini del settore della moda.

Non tutti i clienti di uno shop di moda sono infatti esperti del settore e non tutti sono in grado di immaginarsi un colore leggendone il nome o di capire il taglio di abito adatto al proprio fisico.

Inoltre c’è sempre la nota dolente della vestibilità, che purtroppo è difficile da eliminare. Generalmente i commercianti di moda adottano diverse strategie.

Aziende come Presize, FitAnalytics o la startup di Zurigo Fision offrono ai commercianti di moda diversi servizi. Ciò che hanno in comune è che usano in background modelli di calcolo basati sull’intelligenza artificiale per determinare la taglia ottimale per i clienti. Esistono diversi approcci tecnici. In alcuni casi i clienti devono misurarsi facendosi un «selfie» con lo smartphone, o rispondere a qualche domanda sulle loro misure e sul loro fisico. Per consigliare la taglia ottimale, i programmi elaborano poi un modello di calcolo che combina dati storici, invii di ritorno, feedback dei clienti e dati sulle misure del produttore.

Esistono anche soluzioni elaborate dai commercianti stessi che si basano sull’IA e sul machine learning. In questo caso vengono valutati soprattutto i dati sui motivi del rinvio, i quali vengono confrontati con i dati generali. Per esempio, BonPrix, che appartiene a Otto, utilizza i propri modelli IA nel suo negozio per proporre la taglia ottimale.

In questo caso delle «piccolezze» possono davvero fare la differenza. Se, sulla base della storia del cliente, si può vedere che la persona ha già restituito modelli di un certo produttore più frequentemente perché la vestibilità non era di suo gradimento, il negozio può reagire in modo tale che i prodotti di questo produttore non appaiano in cima alla lista dei risultati di ricerca.

Influenzare il comportamento dei clienti?

Dato che in termini economici non esistono resi gratuiti, la soluzione al problema più semplice e ovvia sarebbe quella di far pagare una commissione per i resi. Una mossa che però la maggior parte dei commercianti teme a causa della concorrenza, che continuerebbe a offrire i resi gratuiti. Tuttavia, alla luce del crescente interesse al tema della sostenibilità, un valido argomento a favore di tale scelta sarebbe proprio la tutela dell’ambiente.

Le tecnologie basate sull’AI e la consulenza sulle taglie basata su software sono solo la punta dell’iceberg in questo ambito. Un’altra possibilità, già a disposizione di tutti i commercianti (di moda) e che non comporta costi elevati, consiste nel cercare di influenzare il comportamento dei clienti.

Per far sì che i clienti non si sentano puniti o addirittura educati, invece di applicare una commissione sui resi, è possibile premiare i clienti che restituiscono pochi articoli. In questo caso non ci sono limiti alla creatività del commerciante. Che siano le spese di consegna gratuite per un determinato periodo di tempo o un accredito sulla fattura, queste ricompense possono contribuire attivamente a far fronte all’ondata di resi.

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Stephan Lamprecht, giornalista

Stephan Lamprecht è da due decenni giornalista e consulente per l’e-commerce in Germania, Austria e Svizzera.

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