Nur wer sichtbar ist findet statt

Social media Solo chi si fa vedere esiste realmente

Pubblicato il giorno 17.10.2019 da Tijen Onaran, CEO Global Digital Women

Il personal branding tocca le tre grandi domande filosofiche: chi sono? Da dove vengo? E dove sto andando? Quando si parla di social media, nelle risposte a questi interrogativi occorre fare attenzione ad alcuni aspetti. La chiave è la visibilità. Ma quest’ultima è molto di più di una semplice sequenza di selfie. 

«L’importante è partecipare». In realtà, quando si parla di personal branding, in particolare in riferimento ai social media, questa mentalità olimpica non basta. Una gran parte delle persone presenti sui social network professionali, come Xing o LinkedIn, si considerano spettatori e sono relativamente passivi. Me ne rendo conto regolarmente agli eventi, quando vengo avvicinata da persone che sanno di preciso cosa ho fatto e detto nelle ultime settimane, mentre io non ricordo né nome né faccia. Naturalmente, a volte ciò dipende anche solo da nomi utente ancora diffusi come «Luganese83» e dalle foto di gattini come immagine del profilo. Siamo così giunti al tema principale del personal branding: la visibilità in rete.

Il requisito di base: trova il tuo argomento

Chi vuole prendersi cura del proprio personal branding deve soddisfare un importante requisito di base. Nel gergo del branding si tratta della cosiddetta identità centrale, da cui dipende la riconoscibilità. Le persone con cui interagisci sui social media devono associarti esattamente a questo specifico argomento. La visibilità sui social media è direttamente collegata ai contenuti con cui le persone si posizionano. 
Trovare il proprio tema è più facile a dirsi che a farsi. In fondo, qui la chiave sono le proprie risorse e le domande: chi sono? Cosa mi contraddistingue? Che cosa voglio ottenere? Ci vuole moltissimo coraggio e un notevole sforzo iniziale per posizionarsi pubblicamente rispetto a questi interrogativi. Posizionarsi significa infatti prendere posizione. E ciò ci rende un po’ più attaccabili. Guardando il lato positivo, significa però anche diventare tangibili e visibili. Chi non si assume questo rischio, corre il pericolo di non essere proprio notato.

Basta con l’autoreferenzialità, contano i contenuti 

Comincia già a essere chiaro che la mia concezione di visibilità va ben oltre il semplice essere percepiti visivamente. Chi desidera muoversi con un marchio personale sui social media e costruire un’immagine corrispondente deve abbandonare l’idea della pura autoreferenzialità. Spesso il personal branding viene equivocato e inteso come semplice «selfie show». Naturalmente, il selfie non è di per sé giusto o sbagliato. Tutto dipende da qual è il suo messaggio oltre all’affermazione «Io!». 
A mio parere, il personal branding non è una questione di pura rappresentazione e commercializzazione di sé. Ed è proprio per questo che trovo così problematici termini come «influencer», «network marketing» o «social selling», così come i concetti che ci stanno dietro. Chi condivide le proprie conoscenze con altri, li sostiene nel loro percorso e ne celebra i successi non vende per forza qualcosa. Le persone non sono marchi allo stesso modo in cui lo sono le imprese. Curare il proprio personal branding significa sviluppare una propria voce e diventare visibili. In parole povere: chi non riesce a diventare visibile, non esiste.

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Tijen Onaran – CEO Global Digital Women

Tijen Onaran è un’imprenditrice, moderatrice e relatrice. Consiglia le aziende nel campo delle pubbliche relazioni e con la sua iniziativa Global Digital Women si impegna a favore del networking e della visibilità delle donne nel settore digitale. Scrive inoltre regolarmente per il quotidiano tedesco di economia e finanza Handelsblatt ed è stata nominata nel consiglio di facoltà per la Digital Leadership presso la Management School di San Gallo.

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