Capitalismo della sorveglianza Contro il capitalismo della sorveglianza
Giganti di internet come Google, Facebook, Amazon e così via possiedono e controllano i nostri dati. Per questo la scienziata Shoshana Zuboff li definisce capitalisti della sorveglianza. La sorveglianza può modificare le strutture di potere e instaurare corporatocrazie. In che modo la Svizzera può affrontare questo problema?
La nostra tecnologia, a partire dai televisori smart attraverso gli orologi smart fino alle auto smart, funziona raccogliendo dati su di noi. Nell’era della trasformazione digitale, tutto questo nel frattempo è diventato parte concreta della nostra vita. Tuttavia si pone la domanda: a chi appartengono questi dati? Se appartengono a noi svizzeri allora non abbiamo alcun problema, soprattutto perché viviamo in una democrazia diretta che ci consente di decidere autonomamente su noi stessi e sui nostri dati pubblici e privati. Ma se la risposta alla domanda è che a possedere questi dati sono giganti di internet (in maggioranza) americani come Google, Facebook, Amazon e compagnia bella, che poi e ci controllano grazie ad essi in quanto li mettono a disposizione anche di terzi, allora si tratta di un aspetto dirompente per la nostra democrazia. L’attivista internet Aral Balkan, che chiede di estendere i nostri diritti umani ai cyborg, stima che oggi quasi tutti i nostri dati sono posseduti e controllati da questi grandi gruppi.
L’economista Shoshana Zuboff, dell’Università di Harvard, definisce i modelli commerciali di questi gruppi come capitalismo della sorveglianza. La scienziata ritiene che i loro modelli di business centralizzati, in cui i dati rappresentano il lubrificante dei macchinari del capitalismo, abbiano ripercussioni negative. La infastidisce soprattutto il conflitto con valori come libertà, democrazia e sfera privata, dato che i nostri dati raccolti possono essere oggetto di abusi, con una conseguente corruzione dei nostri sistemi economici e politici. Il problema è che la sorveglianza cambia le strutture di potere e conduce a una transizione che travalica la nostra Svizzera democratica in direzione di un sistema corporatocratico controllato da questi grandi gruppi internet e dai loro interessi. L’autore John Perkins, già al vertice della lista dei best seller del New York Times, scrive nel suo libro che le corporatocrazie si fondano soprattutto su banche e gruppi internazionali, nonché su governi (compiacenti).
Come ci proteggiamo da questo tipo di sistemi? L’ex consigliera federale Doris Leuthard una volta ha detto che noi svizzeri dovremmo implementare un segreto in materia di dati analogo al segreto bancario. La trovo un’idea fantastica! Potremmo imitare il concetto giapponese di wabi-sabi, che si fonda più sulla transizione che su condizioni ideali rigide e immutabili nel tempo. Con la nostra trasformazione, peraltro strettamente connessa alla digitalizzazione, del sistema odierno in un sistema futuro potremmo creare mandati di servizio universale alternativi (nonché appositi modelli di business) per i nostri gruppi parastatali su cui potremmo influire mediante iniziative grazie alla democrazia diretta. Rifletteteci un attimo: invece di dare in pasto i modelli di dati ai giganti di internet, ci (ri)prenderemmo il possesso dei nostri dati e potremmo così proteggere i nostri valori democratici dalle corporatocrazie. In ogni caso noi svizzeri, a mio modo di vedere, dopo la digitalizzazione dovremmo convivere pacificamente con l’accettazione di una situazione di costante imperfezione, ossia con lo wabi-sabi.
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