Cambia la classica collaborazione

Lavorare in team auto-organizzati Cambia la classica collaborazione

Pubblicato il 14.08.2019 da Ricarda Raemy, customer insights specialist, Posta CH SA

È necessario un approccio agile per restare flessibili e competitivi nei mercati dinamici.

Che cosa sono i team auto-organizzati?

Nei team auto-organizzati la gestione è suddivisa tra molti collaboratori, che possono così reagire più rapidamente alle situazioni improvvise perché prendono le decisioni sotto la propria responsabilità.

Questo approccio pragmatico è in linea con l’idea agile che i team auto-organizzati decidano autonomamente come sbrigare il loro lavoro, senza essere controllati da esterni.

La trasformazione verso l’auto-organizzazione avviene per fasi, nel corso delle quali i quadri attuali continuano a fornire il loro supporto ma con una netta tendenza a ridurre progressivamente tale aiuto. Uno dei numerosi esempi al riguardo è il profilo professionale di propria responsabilità: i collaboratori riflettono cioè sui propri compiti e li descrivono. Nella fase successiva, il personale riorganizza autonomamente, con l’aiuto dei quadri, la propria sfera di competenza. Nell’ultima fase, al team viene richiesto di suddividere il suo lavoro e modificarlo in base alla situazione con un metodo adeguato, come lo Scrum. All’inizio abbiamo quindi un profilo professionale definito dall’azienda, mentre alla fine il team ripartisce autonomamente il proprio lavoro.

Non tutti possono svolgere ogni singola attività, ma tutti possono aiutare tutti. L’obiettivo è raggiungere una collaborazione intersettoriale, in altre parole non si supporta solo la propria unità di funzione con il proprio know-how, ma anche le altre sfere di competenza.

Questa realtà esiste già in alcune unità della Posta. In base al progetto o incarico vengono cioè creati team diversi oppure i ruoli dei collaboratori vengono ripartiti in modo differente. Una possibilità sarebbe ad esempio la seguente costellazione del team: un responsabile, un challenger per i feedback e un sostituto. In ogni team, ogni collaboratore può assumere un ruolo diverso: ciò promuove le proprie competenze, lo sviluppo e il trasferimento delle conoscenze.

Siamo maturi per l’auto-organizzazione?

Le aziende che vogliono introdurre l’auto-organizzazione necessitano di un cambiamento culturale. Non è infatti sufficiente sostituire i processi e introdurre strumenti come lo Scrum. È necessario un cambiamento a livello di consapevolezza di tutti i soggetti interessati, cioè nel tipo di comunicazione e collaborazione.

Anche in questo caso occorre attraversare un periodo nel quale tutto sembra andare peggio di prima, perché manca ancora la routine in questo nuovo modo di collaborare. 

Processi di cambiamento del genere necessitano di tempo e di forti sostenitori nel livello direttivo più alto dell’azienda: solitamente sono i quadri operativi che forniscono ai collaboratori e ai team il necessario orientamento nel lavoro di tutti i giorni, motivandoli continuamente.

L’auto-organizzazione non è un episodio che si verifica una volta e poi finisce, né uno stato di staticità di un team, al contrario è un processo che non si conclude mai. I team devono infatti imparare a riorganizzarsi continuamente, per reagire alle sempre nuove esigenze. Devono rispondere rapidamente ai diversi contesti, mettendo perennemente alla prova la loro agilità. L’auto-organizzazione funziona solo quando tutti padroneggiano contenuti e metodi.

Devono inoltre essere chiare le interfacce del team con organizzazioni, clienti e fornitori gestiti diversamente. Il team controlla autonomamente i propri risultati. Da ciò risulta quindi chiaro che l’auto-organizzazione non è un’oasi di pace. Se le regole e i rituali vengono rispettati alla lettera, il controllo sociale risulta estremamente affidabile.

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Ricarda Raemy, Customer Insights Specialist, Post CH AG

Ricarda Raemy è ricercatrice di mercato, Design Thinker e Customer Experience Manager presso la Posta.

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